venerdì 16 novembre 2012



Ore 17, qualche giorno fa
Ciao.. oh scusa!
Ciao, non preoccuparti (e mi tolgo le cuffie).
Cosa ascolti?
Ben Harper.
Luca mi guarda, + alla ricerca di questo nome in qualche cassetto della sua memoria.
Sai chi è?
Mi guarda come un bimbo e mi dice: no.
Come l'hai conosciuto?
Io: non lo conosco, ascolto la sua musica.
Ancora mi guarda stranito, dopo un secondo sorride.
Non conosco quasi niente delle cose che mi dici.
Non sapevo cosa fossero un hammam, i miraduro di Lisbona, una dem e che il miele si può abbinare al salato.

Ore 17, l'altro ieri.
Ciao, come stai?
Bene dai, tu?
Sono un pò penserioso, sto cercando la soluzione a un problema sul lavoro.
Il modo migliore per trovare una soluzione è non pensarci. Verrà da sè.
E così mi gioco la perla di saggezza della serata.
Parlando parlando, partendo dalle nostre rispettive mense aziendali e finendo al suo anno di militare, mi dice la sua età.
Sai, ho 38 anni.
Con quel suo sorriso che mi stende.
Penso subito è un ragazzino.
Ma abbatto l'ulteriore mio muro è mi dico: no è un uomo.

Ore 17, ieri.
Ognuno assorto nella propria lettura.
Nessun ciao, nessuna buona serata.

Ore 17, qualche ora fa.
Ciao, allora come è andata la giornata?
Bè finalmente è finita!
Farai qualcosa di particolare questo fine settimana?
Lo guardo dritto dritto negli occhi: domani vado a una manifestazione fotografica e poi aperitivo/cena con amici. Domenica ho intenzione di fare un giro per delle chiese di Milano.
Da sola?
E qui spero in un suo auto invito, in uno slancio, mi dico:dai su su che ce la puoi fare!!
Rispondo con gli occhi che brillano, il sorriso e il cuore che batte a mille: Si.
Quali chiese visiterai?
Mi si seccano gli occhi, la lingua e il cuore.
Snocciolo il tragitto e gli chiedo:tu cosa farai?
Vado a casa dai miei, in Veneto. E' il compleanno di mia sorella.
Mi racconta della sua famiglia, anche di suo fratello e io dei miei.
Entrambi abbiamo i genitori lontani (io piu' di lui) e i fratelli/sorelle sparsi in giro per l'Italia (e io pure per il mondo).
E' interessato a mio fratello che vive a New York, più che altro perchè è a New York.
Mi chiede se ci sono mai andata e gli rispondo che no, mai.
E lui: ma come li c'è tanta di quella verticalità che ami così tanto.
Con tristezza gli dico che il biglietto costa troppo. E che non potrei mai andarci senza portare i miei figli.
Mi chiede di loro.
Arriva la sua fermata.
"Ciao Anna, passa una buon fine settimana."
Ma stavolta aggiunge, sorridendo.
"Ci vediamo settimana prossima"
Lo guardo, come faccio a non sorridergli?
Va bene, buon week end anche a te.

mercoledì 7 novembre 2012

Ore 17.40
Ciao Anna, passa una buona serata.
Anche tu.

Queste le parole che accompagnano il nostro saluto, quasi sempre.
Se è venerdì l'augurio passa al "buon fine settimana".

E' una persone educata Luca, con modi e parole d'altri tempi.
Cose rare.
E' un attento ascoltatore, memorizza ogni cosa che gli dico.
E' capace oggi di ripetermi parole che ho detto un mese fa.
Se gli dico cosa faccio stasera, domani mi chiederà: com'è andata ieri sera?
Se non sto bene, per i prossimi giorni appena mi vede mi dirà: tutto a posto?

Gli piace il formaggio, la montagna, la piscina e le caramelle che frizzano.
Non gli piace la metropolitana, cucinare, e i gusci dei molluschi perchè gli impediscono di buttarsi nel piatto.

Dice, anche se non ci capisce molto, che gli piacciono le mie foto.

E' un uomo del nord Luca, nato e cresciuto tra l'Adige e il Po, terra di acqua dolce e di nebbia.

Quando gli parlo mi guarda sempre dritto negli occhi, quando smetto continua a farlo come se riflettesse sulle parole appena dette.

A volte passano secondi così.

Si sfoga.

E soprattutto ride e sorride.

C'è una bella alchimia tra noi due. Completamente diversi.
Ma la materia di cui sono fatti gli scogli non è diversa da quella del mare?
Eppure vivono uno dentro l'altro, da sempre.

A volte succede che ci salutiamo soltanto, e ognuno di noi prosegue nel suo viaggio.
A volte parliamo per tutti i 40 minuti.
Quasi sempre sono io che inizio, lui se sto leggendo o ascoltando musica raramente mi interrompe.

L'ho invitato due volte ad uscire (per un evento, ma in modo molto blando e poi con dei miei amici per un aperitvo, in modo molto ufficiale).
E per due volte ha rifiutato, dicendo che non poteva.
Pare vivi solo, ma è cosa ufficiosa.

Sarà difficile tirarlo fuori dal tubo metropolitano o avere il suo numero oppure che m'inviti ad uscire.

Ma tempo fa io ho avuto il coraggio di dare un biglietto a uno sconosciuto, spostando i miei limiti un po' piu' in là.....

;)





venerdì 31 agosto 2012





Ore 17

E' passata una settimana dalla consegna del biglietto e  non ho ricevuto nessun tipo di riscontro.

Non un sms
Non una telefonata
Non una mail

In questi giorni ho evitato di incontrarlo, semplicemente non me la sentivo.

Ho analizzato il perchè di questo suo silenzio.

Sono partita dal fatto che fosse "impegnato", passando che non l'ha capito, fino alla piu' difficile considerazione che tutto sommato non poteva fregargliene nulla.

Tutte supposizioni.

La verità, aimè, non la sapremo forse mai.

I primi due giorni ero delusa e mi bruciava questa totale indifferenza.

Anche nella peggiore delle ipotesi, dato che il mio è e rimarrà un gesto carino, una risposta la pretendevo.

Insomma, mi son detta: ma che cafone e maleducato.

Poi pian piano è maturata l'idea che non posso giudicarlo negativamente.

Bisogna smetterla di proiettarci sugli altri.

I nostri desideri, i nostri sogni, le nostre aspettative, sono solo nostri.
Li possiamo condividere ma mai imporli.

Quindi non ha risposto.

Ho smesso di cercare di capire il perchè e ho smesso di darmi addosso per avergli dato quel biglietto.

Il passaggio dalla fantasia al reale, purtroppo in questo caso, non è andato nel migliore dei modi.

Faccio mia questo monoverso del grande poeta Ghiannis Ritsos:

L'aquilone si è rotto.
Lo spago tienilo.

Si perchè nonostante la fantasia sia volata via, rimane quel che per me ha significato il momento della consegna.

Ogni atomo del mio corpo ha abbandonato completamente la razionalità, riappropiandosi di quella parte emozionale che per così tanto tempo ho seppellito.

Sono viva! Sono viva!

Questa storia metropolitana in metropolitana alle ore 17, mi ha lasciato un sapore dolce amiche e amici, e ringrazio tutti quelli che mi hanno seguita e consigliata.

- FINE -


Epilogo
Forse un giorno, troverò la giusta energia per reincontrarlo
Non so nemmeno come si chiama...........

venerdì 24 agosto 2012

Ore 17
Sono passate cinque settimane senza vederci.
Vacanze sue poi vacanze mie.

Sale e si siede di fronte a me.
Lui legge io ascolto musica.

Tiro fuori un mio cartoncino, con su un mio scatto, il link che porta alle mie fotografie, email e numero di telefono.

Scrivo.

E lo rimetto in borsa.

A 10 secondi dalla sua fermata apro la borsa e tiro fuori il biglietto.

Mi avvicino a lui e gli dico: questo è per te.

Da questo momento tutto è confuso, come quando  appena sveglio cerchi di ricordare un sogno.

Mi guarda stranito, farfuglia qualcosa del tipo: ma non è mio.

Nel frattempo gli ripeto che è per lui.

Allunga la mano, lo prende e scende.

Lo vedo allontanarsi, ancora frastornato, sta leggendo il biglietto.

Le porte si chiudono.

E io Tremo.

Lui è un uomo fortunato.

Ora bisogna capire se lo sarò anche io.





La fotografia di oggi è del mio amico fraterno Antonio, che mi vuol bene fin da subito

venerdì 20 luglio 2012

Ore 17

Sono rientrata dalla mia vacanza.

Riposata, rilassata e abbronzata.

Lo nota subito.

Questa settimana l'ho visto un paio di volte.

Mi ha restituito il cuore.

Devo ammettere  che la settimana di vacanza mi ha "raffreddata".

Ma rivederlo e soprattutto sentirlo mi ha fatto vibrare corde assopite.

Si perchè ieri, mentre scrivevo ad un gruppo di amici col telefonino, lui è entrato con un suo collega.

Hanno iniziato a parlare e finalmente ho visto la sua bocca dischiudersi ed emettere suoni.

E come il canto delle sirene, mi ha stregata.

Una voce calda, avvolgente e molto ma molto molto sensuale.

Con quella bocca......mai sentita voce così.

Accidenti!

Anche se ormai sono straconvinta che di me non gli freghi nulla, DEVO assolutamente conoscerlo.

Ho rimesso il bigliettino in borsa, oggi volevo darglielo, ma oggi non c'era.

Peccato.

A lunedì.

(Ma che voce, che voce, che voce.....................)

venerdì 6 luglio 2012

Ore 17

C H I U S O   P E R   F E R I E

Vado via una settimana.

Affetti, amici, mare, sole

senza

Cuore.

Gliel' ho lasciato stasera in quel vagone della metropolitana.

Per prendersene cura.

Tornerò a riprenderlo.

A presto, qui.

martedì 3 luglio 2012

Ore 17

L'incazzatura metropolitana non mi è per niente passata.

Sento il fruscio dei suoi pantaloni e non alzo lo sguardo.

Continuo a leggere.

Mi innervosisce, ma perchè non se ne va da un'altra parte?

Proprio davanti a me deve stare?

Aria elettrica....

Mi rilasso, e dopo 15 minuti lo guardo.

Sta fissando il mio tatuaggio.

Non distoglie gli occhi dal mio polpaccio.

E dalle mie scarpe.

Oggi tacco 10.

Una rarità, di solito viaggio piu' comoda.

Inizio a chiedermi,mi sarò depilata a modo?

Non sarò troppo bianca?

Magari lo smalto rosso è troppo.

E poi con sto caldo chissà che caviglia avrò.

Appena abbandona il mio arto, controllo.

Il mio polpaccio e tutto il resto paiono in ordine.

Arrivati in prossimità della nostra fermata mi alzo, e lui mi è affianco.

Mi fa uno strano effetto vederlo solo un paio di centimetri più alto di me.

Lo guardo con fare altezzoso.

Abbassa lo sguardo.

Cambiamo tratto e lo sorprendo a guardare di nuovo il mio girasole.

Poi guarda me. Con insistenza.

Arriva la sua fermata e scivola via.

Mi confonde.



venerdì 29 giugno 2012

Ore 17.
Sale sul vagone.

Non è da solo.

Trovano due posti e si siedono.
Parlano e sono troppo lontani perchè io senta la sua voce.
Sono all' impiedi.
E' rivolto verso l'altra persona e mi dà quasi le spalle.

Questa persona è un uomo.

Un suo collega presumo.

Parla e gesticola poco.

Dopo qualche fermata il suo collega scende e si libera il posto.

La tentazione di sedermi accanto a lui è forte, fortissima.

Ma non lo faccio. Manca solo una fermata per scendere.

Ha una camicia a righe, adoro le righe!

Arriva la nostra fermata e scendiamo per cambiare linea.

Lui è davanti a me.

La metropolitana, ferma sta chiudendo le porte.

Lui fa una corsa ed entra.

Mi lascia sola sulla banchina.

Ma vaffanculo

martedì 26 giugno 2012

Ore 17

Sguardi sempre piu' rari.
Sguardi semrpe piu' intensi.

In queste settimane ci siamo visti poco.

Ma la qualità del poco è imparagonabile al tanto.

Ultimamente batte il piede mentre aspettiamo la metro sulla seconda tratta.

Non capisco se è impazienza o è  il ritmo di quella musica che suona in testa.

Immagino un tango,  qualcosa dove ti prendi e ti lasci.
Come noi del resto.

E' abbronzato.
I suoi occhi sono come zaffiri incastonati in un gioiello di bronzo.

Stasera lo guardo profondamente e mi rendo conto che questo caldo e quella pelle del color del miele accende il mio desiderio.

Avvampo al pensiero.

Nessuno dovrebbe essere così sensuale.

Mi guarda, stasera ho i capelli lisci, cosa assai rara, chissà che ne pensa.

E' arrivata la sua fermata, lo saluto velocemente.

Mi vergogno.

Come se potesse leggermi....

venerdì 8 giugno 2012

Ore 17
Stamattina prima di scendere dalla metropolitana trovo questo braccialetto abbandonato su di un sedile.
Nel vagone non c'è nessuno.

Pare corallo su una spiaggia bianca.

Mi abbaglia.
Lo prendo.
E' un braccialetto fatto di passamaneria rossa, di quelli che si usano adesso.
Mi accorgo che la trama disegna cuori.
Arrivata in ufficio, una collega me lo lega al polso.
Un'altro segno del destino?
Io che non ho mai trovato nulla...
Mi rendo conto che i segni del destino che capto in metropolitana iniziano ad avere una loro valenza, anzi no, sono io che dò loro valenza.
Ognuno di noi, se osserva bene quello che gli succede intorno, si accorgerà che esistono tanti piccoli segnali che ci portano a qualcosa.
Sono quelle bellissime sensazioni, che si chiamano piccole cose.
Dare valore alle piccole cose è concime che fertilizza il nostro cuore.

Stasera il mio giardiniere legge,sbadiglia poi legge e poi sbadiglia.
Sulla prima tratta poco da dire.
Sulla seconda invece siamo vicinissimi.
Si libera un posto a sedere davanti a lui e come un razzo lo occupo.
E' davanti a me.

Seduta, i miei occhi non possono non guardare la fibia della sua cintura, e tutto quello che, scendendo con lo sguardo, trovo.

Gli ormoni si agitano e spingono.

State buoni ragazzi, è ancora presto, tornate a letto!

Cerco il suo sguardo.

Inizio a sentire germogli dentro.

Lo saluto, ringraziandolo.

Qualcosa cresce anche nel deserto.



mercoledì 6 giugno 2012


Ore 17.

Causa qualsiasi fiera, stasera non trovo posto a sedere.
Proprio stasera.
Ho in una mano la borsa fotografica che esplode e nell'altra il treppiede.
Carica come un mulo mi metto in un angolino e appoggio il cavalletto alla parete del vagone.
Alla sua fermata sale.
Nel mezzo mi casca il treppiede, a 20 cm da Lui.
E so dire solo: accidenti!!

Oggi ha una polo gialla con righe blu su dei pantaloni verde militare.
Quella polo è così sottile.
Non porta la maglia della salute ma qualcosa di più prezioso.

Una collanina d'oro.

Cerco di capire se ha un ciondolo qualunque (ti prego Signore fa che non sia una croce!!) oppure la fede che non mette al dito (opzione che spero si riveli sbagliata e assurda!).

Ma non lo capisco, perchè la polo è abbastanza accollata, basterebbe slacciare quel piccolo bottone.... mmhh...vabbè pensiamo ad altro.

Mentre mando un sms mi viene in mente una cosa: il bluetooth!!!
Potrei cercare un contatto tecnologico visto che il bigliettino è seppellito nella borsa.
Lo attivo e cerco altri dispositivi nella speranza che il suo sia acceso e riconoscibile.
Riconoscibile da che cosa non so, però provare non costa nulla.
I dispositivi che si palesano hanno per la maggior parte la sigla di un cellulare, una paio di nomi di donna e infine uno che mi esplode dentro:

AMOR DE MI VIDA

Sorrido, lo prendo come un segno del destino!
Impossibile che sia Lui, non mi pare tipo da cotanto slancio, allora cerco all'interno del vagone il/la probabile proprietario/a del cellulare.

Seduta c'è una coppia di sudamericani.
Si tengono la mano per un sacco di fermate, non sono giovani, lei gli parla e lo guarda negli occhi. Sicuramente l'AMOR DE MI VIDA è uno dei due, non può essere altrimenti.

Sulla seconda tratta lo perdo di vista, ho incontrato un'amica che non vedo da tempo e mi sono messa a chiaccherare con lei.

Ma prima della sua fermata non dimentichiamo di salutarci:

Buenas noches!

Hasta mañana...

lunedì 4 giugno 2012

Ore 17
"Mentre leggevo mi sono messo nei panni dell'uomo misterioso e anche un pochino nei panni di tutti gli uomini che si sentono lo sguardo di una donna addosso per pochi istanti...

Pensare che dietro all'attimo fuggente potrebbero celarsi una storia come la tua, incredibile, surreale, ma speciale, è pura magia!

A volte ci capita di incrociare lo sguardo di qualcuno con un sorriso che sembra volerti dire qualcosa, ma non ti soffermi, pensi di essere stato confuso con l'amico che non vede da tempo... e sorvoli, leggi, ascolti la musica, mandi un nervoso sms...

Sapere che nella borsetta di quella persona c'è un bigliettino per te è proprio figo. Dovrebbe saperlo, se lo merita, dopotutto ti ha fatto star bene per più di due mesi...

Rincorrilo tra i vagoni, bloccalo e digli quello che provi.
Fagli sapere che il tuo cuore è tra le sue braccia..

Non lasciare che l'attimo fugga.

Carissima Anna, non c'è poi molto di più di quello che so già, ma c'è molto per capire che sei partita per la tangente!"
Queste sono le parole che mi ha scritto un amico dopo aver letto il mio blog.

Mi ha colpito il fatto che sia stato un uomo a scriverle, ci si aspettano queste parole da una donna, non da un uomo. Almeno io sono abituata a pensarlo.

Rifletto sul passaggio in cui in cui dice che meriterebbe di saperlo e io cosa meriterei?

Me lo domando spesso, la risposta è sempre la stessa: un'altra possibilità.

Tutti ne meritiamo una, bisogna che ci convinciamo di questo.

Io la mia non la voglio sprecare, ma non voglio nemmeno che finisca il tempo.
Aspettare aspettare aspettare, questo faccio.
Lo so che dovrei morderla questa vita, ma io di cascare proprio non me la sento.
Non posso permettermelo.
Non ora

Stasera c'è.
Una polo arancio e nera, su dei pantaloni con un sacco di tasche.
Rivista, poi libro, poi sguardo.
Lo guardo anche io e abbassa la testa.

Oggi proprio non vedo nessuna volontà.
Anzi.

Scende dalla metro e corre verso le scale.

Io di sicuro oggi non lo inseguo, con lo sguardo naturalmente.

mercoledì 30 maggio 2012


Ore 17
E' più di una settimana che non scrivo, purtroppo impegni personali e novità editoriali, che presto conoscerete, mi hanno tenuta lontana dal mio blog.

Ma non da Lui.

L'ho visto quasi tutti i giorni, e no cari amici, non gli ho dato il biglietto.
Io penso che dargli un biglietto gli sconvolgerebbe, se non la vita intera, almeno una serata!

Dovete sapere che credo sia una delle persone più metodiche che io abbia mai "conosciuto".
Sempre gli stessi gesti, mai un bottone slacciato per sbaglio, mai una piega sulla maglietta, chessò un capello fuori posto. Sempre la stessa rivista, sempre lo stesso libro. 
Si potrebbe dire che è di una noia mortale.

Allora perchè mi interessa?
Io sono completamente l'opposto.

Una casinista nata, un giorno leggo, quello dopo ascolto musica e l'altro guardo foto.
Capita che io sia arrabbiata, e si vede.
Capita che io sia felice, e si vede.
Capita che io sia stufa, e si vede.
Cambio posto, orecchini, anelli, trucco, gusto delle caramelle.
Cerco una cosa nella borsa per minuti interi e non la trovo, perchè trovare una cosa nella borsa è una gran bella caccia al tesoro.

Lui invece mette la sua rivista sempre nello stesso scomparto, idem il suo libro, idem gli occhiali.
Tutto al posto giusto.

Mi verrebbe voglia di rivoltargliela tutta quella sua borsa!
Sbottonargli quel bottone, spiegazzargli quella sua polo sempre impeccabile.
Uffa che noia noiosa.

Però mi piace.
Perchè sono sicura che sotto questa apparenza di Mister Perfetto che son Perfetto che più Perfetto non si può ci deve essere quel caos che tanto adoro.

Il gusto sta nello scavare ed arrivarci.

Starebbe, sarebbe meglio dire.

Stasera è successa una cosa.

Sulla prima tratta non l'ho visto.
Sulla seconda si.
Salgo prima di Lui sulla metro piena di ragazzini di ritorno da una gita e mi fermo quasi subito, lui entra dopo di me.
Non lo vedo passare avanti, dopo qualche secondo sento.

PERMESSO

Gente, non un mi scusi o uno scusami, ma permesso!

(Vorrei aprire un blog solo su questa parola.Lasciamo perdere per ora)

Dicevo che sento uno che dice: permesso.

Un permesso pronunciato correttamente ma chiaramente straniero.

Mi giro e mi accorgo che è stato Lui a dirlo.

Sono stupefattaa.
La sua voce

Una voce baritonale e graffiante, avete presente Barry White che vi dice: permesso?

U G U A L E!

Una voce che non c' entra una beata mazza con Lui.

Ci metto un pò a memorizzarla e a quei 5 secondi per farlo passare.

Arriva la sua fermata e se ne va.

Chissà quante cose ha ancora da svelarmi quest' Uomo.

Let the music play......




Barry White "Let the Music Play"
http://www.youtube.com/watch?v=V3eOuK_-c34&feature=related




martedì 22 maggio 2012


Ore 17

Il biglietto è sempre in borsa.
Forse oggi è l'occasione giusta, mi sento motivata!

Questa sera la metropolitana è strapiena e il suo solito posto all'impiedi è già stato occupato da una ragazzina.

Sale sul vagone e ha due possibilità.
La prima è quella di stare davanti a me che sono seduta.
La seconda è quella di mettersi davanti a una signora che mi sta di fronte, dandomi così le spalle.

E lui che fa?
Mi da le spalle.
Sta cosa mi fa incazzare.
E no che cavolo  però un pochino potevi agevolarmi !!!!!!

Però gli faccio una fotografia. Col mio telefonino sfigato.

Per motivi di privacy (!) non la posto, ma posso sempre descriverla.

Natiche ricoperte da un paio di jeans Carrera, gambe leggermente ad arco.

La metro è sempre più invasa da persone e lui si sposta leggermente a destra.

Il mio occhio fotografico ben allenato cerca una via per guardargli il viso.

E lo trovo così in un riflesso.

I riflessi una volta erano i miei cavalli di battaglia.

Lo guardo e mi guarda. Anche lui dal riflesso.

Incredibile come i suoi occhi azzurri siano blu sul finestrino.

Scemo, potevi stare qua davanti a me.

Sulla seconda tratta siamo lontani, un'occhiata fugace, la sua.

Se ne va, mi spiace non avergli passato il biglietto, ma anche se avessi trovato il coraggio di darglielo, stasera proprio non l'avrebbe meritato.

Forse domani...


venerdì 18 maggio 2012


Ore 17.
Stasera c' è una novità.
E' nelle mia borsa, ben protetta tra le pagine di un quaderno per gli appunti.

Da ieri sera mi frulla in testa che devo fare un passo avanti.
Qualcuno mi ha detto che dovrei parlargli.
Con parole parlate.
Ma io non me la sento.
Allora ho deciso di scrivergli un biglietto.
Qualcuno ha proposto un biglietto da visita.
Ma io penso che non sto vendendo nulla e che nemmeno sto comprando qualcosa.

M'invento un biglietto semplice, su cartoncino bianco.

Inizio a pensare cosa scriverci.
Chiedo consiglio ad un uomo, il mio amico fraterno Antonio (o solo fratello o solo brother o solo brodino o solo tesoro) mi propone qualche frase, ma il consiglio è quello di scrivere quello che più sento mio.
Sicuramente il mio numero di telefono e la mia mail in calce.
Decido poi di stampare una mia fotografia e metterci indirizzo web dove sono pubblicate tutte le altre.
Cosa meglio parla di me se non le mie fotografie?
Aggiungo una frase scritta a mano, pochissime parole.
E ci appiccico una caramella, una vera caramella.

Completato il biglietto penso al passo successivo.

Quando e come darglielo.

Subito appena sale?
Naturalmente decido per darglielo un micro secondo prima che scenda dalla metro.

Si ma come?

Diretta magari:
Questo è per te! Con un sorriso smagliante.
Naaaaaaaaaaaaa

Indiretta forse:
Ehi ti è caduto questo! Accucciata ai suoi piedi mentre faccio finta di raccoglierlo.
Macchè.

Vabbè carica di buone intenzioni prendo la metro.
Qualche fermata e Lui sale.

Sfacciata lo guardo. Legge una rivista.
Evviva!!
Cerco di intuire quale sia, ma dopo qualche pagina la mette via.
I solito sguardi.
Ma stavolta c'e' qualcosa in piu'.
Un cartoncino.
Più il momento della consegna si avvicina, piu' sento salire l'adrenalina.

Glielo do. Insomma, non c'è scritto nulla di male, non sto facendo la figura della marpiona, è una cosa simpatica e soprattutto cosa potrebbe succedere mai?

Non glielo do. Insomma, del resto lui un passo avanti non l'ha mai fatto, e io faccio la figura della scema, e potrebbe succedere che tutto sommato non gliene può fregare nulla del biglietto e di me.

Sulla seconda tratta, gli passo accanto e mi guarda.
I suoi occhi azzurri sono due fari, mi perdo ma il biglietto mi ricorda che devo agire in fretta.
Manca solo una fermata e non ho molto tempo.

Tiro fuori il cartoncino dalla borsa.

E sfoglio un'improbabile margherita.
glielo do - non glielo do - glielo do - non glielo do - glielo do - non glielo do - glielo do

Non glielo do.

L'ha voluto il destino. Non posso mica scegliere margherite con petali pari giusto?

La verità è che non ho avuto il coraggio.

Lui scende e mentre le porte si chiudono mi sto già dando della cretina cagasotto.

Era il giorno giusto, il momento giusto, l'energia giusta e il bigliettino giusto e io mi sono tirata indietro.

C'è di buono che avrò altre occasioni.

Devo solo saltare un ostacolo. Io

Mind the gap people!

martedì 15 maggio 2012


Ore 17.
C' è.
Sorrido.

Oggi mi concentro su un suo gesto, quasi un tic.
Quello che tanti uomini fanno con la barba e spesso quando sono concentrati.

Toccarsela.

Chiudono la mano sul mento e poi la rilasciano piano, in modo che le dita accarezzino la barba.
E così fa lui, una volta, poi due, poi tre e poi ancora, m'incanta.

E sento che il mio cuore sta prendendo pian piano la forma di un cuore.
E miei battiti iniziano ad avere, tum tum dopo tum tum, piacevoli melodie rock.
E vado in apnea, come col primo bacio.
E penso a come questo nulla mi faccia star bene.

E mi dico che per quel suo unico e piccolo gesto, ci si può innamorare per tutta la vita.













venerdì 11 maggio 2012


Ore 17.
Non ci parliamo da un pò.
Per svariati motivi i nostri orari non coincidono per ben due settimane.
Ho quasi dimenticato il suo sguardo e non ho nemmeno una foto per ricordarlo.
La natura ci ha dato cinque sensi per non farci perdere.
E noi due ne usiamo solo uno.
Mi chiedo come sia il suo profumo, il suo sapore, la sua voce, toccarlo.
Chissà se tutto questo mi piace di lui.
Non l'ho mai sentito parlare al telefono, troppo lontana per sentire il suo odore figuriamoci il sapore.
Lasciamo perdere.
Abbiamo un senso solo e lo usiamo a meraviglia.

Avevamo.

Sono due giorni che sono puntuale al nostro appuntamento quotidiano e lui non si presenta.
Forse è malato, magari in ferie, oddio ha cambiato lavoro.
Mi rattristo a questa probabilità, perchè penso che i miei viaggi saranno lunghi e solitari.
Accendo il mio reader per leggere le ultime pagine di The Help (*), e sono così presa dalla lettura che proprio non mi accorgo del via vai di persone che salgono e scendo dalla metro.
Con un sorriso termino il mio libro. Che finale splendido.

Lui è lì.

Solito posto, solito libro aperto.
La consapevolezza che esista tutto ciò mi riempie di gioia.
Sono quasi emozionata, ho un nuovo taglio di capelli, chissà che ne pensa.
Approverà?
Sono corti e quasi tutti gli uomini invece preferiscono i capelli lunghi.
Sul perchè meglio lasciar perdere.
Allora me lo guardo.
Sviluppo la sua fotografia sul mio cuore.
Jeans e polo azzurra.
Ma la cosa che mi smuove è che la polo è a maniche corte.
Guardo le sue braccia come un uomo guarda le gambe di una donna.
Mappo tutti i suoi pori, sono sicura di non averne perso uno.
Non ha braccia muscolose ma toniche.
Carnagione molto chiara come i peli.
Con le dita della mano destra gioca in continuazione con il suo braccialetto d'oro troppo lungo.
Al polso sinistro porta un orologio. Lo esaminerò un'altra volta.
Sulla seconda tratta, la metro è piena.
Questa volta sono abbastanza lontana da lui, che si trova davanti a delle persone sedute.
Guarda a destra e a sinistra, ma non mi vede.
Poi un paio di volte va oltre i 180 gradi, cioè rotea la testa oltre il normale volgere dello sguardo.
Perchè mi cerca.
E mi trova.
Dopo una fermata, si libera un posto a sedere dietro di lui.
Lo guadagno, non prima di strusciare il mio braccio contro il suo.
Vorrei che in questo mezzo secondo l'otturatore di nostra storia rimanesse aperto per altri milioni di mezzi secondi.
Mi siedo.
Lui si gira, quasi a scusarsi, ma in realtà è arrivata la sua fermata ed è il momento di salutarsi.

A lunedì. Ciao
Dobbiamo rifarlo. Ciao





(*) L'aiuto, titolo originale The Help, di Kathryn Stockett (edit. Mondadori)

giovedì 26 aprile 2012

Ore 17.

Non mi basta.
Gli sguardi che diventano parole non mi bastano.
Non oggi.
Oggi dovrei essere in altro posto.
Oggi ho bisogno di qualcosa di più, ho bisogno di credere che tutto questo non sia una  mia fantasia.
Ma nessun segno.
Entra, apre il libro, qualche pagina, lo richiude ed è tutto come sempre.
Non un sorriso, un cenno, e io che vorrei qualcosa che mi faccia capire.
E invece continuo a non capire nulla.
La malinconia mi attanaglia, ho bisogno di stare con le persone che mi amano a prescindere.
E' sono così lontane.
Tutto mi sembra così lontano,  Lui soprattutto.
Non mi sento di guardarlo e lo ignoro per tutto il tempo.
Non è per niente una buona giornata.
Alzo gli occhi a malapena per un saluto.

Ciao, buona serata, stai su
Si, Ciao




La foto di oggi è della mia amica Cetty, potete ammirare qui le sue splendide fotografie: http://www.flickr.com/photos/ol3loceanoilnulla/


lunedì 23 aprile 2012

Ore 17.
E' lunedi e questo vagone umido e vuoto finalmente si riempie di Lui.
Ha il viso stanco, non legge, sbadiglia, oggi più che mai.
Non ha espressione.
Lo trovo dimagrito, ha il viso scavato, la barba piu' lunga, addirittura i capelli mi sembrano più grigi.
Ma parla.
Mi parla.
Un fiume di sguardi.
Quasi non riesco a stargli dietro.
Avrei solo una domanda.
Scusa ma come ti chiami?
Una sola risposta.
Un solo nome.
Allora penso che dovrei dargliene uno.
Non è facile, mentre mi parla lo guardo pensando.
Tu potresti chiamarti ......?
Ma non mi viene in mente niente.
Allora penso a un nome che vorrei.
Penso a tutti questi nomi maschili che stanno bene con Anna, non so Anna & Marco ad esempio.
Scontato.
Cerco in internet i nomi compatibili con il mio.
Vergogna.

Poi affiora un nome.
Che sa di buono, di dolcezza, di determinazione.

Sta scendendo è arrivato inesorabile il momento del saluto.

Ciao, scusa se stasera ti ho guardata più del solito.
Ciao, scusa se ti chiamo Pietro.

giovedì 19 aprile 2012

Ore 17.
Ieri non c'era.
Il salone del mobile e il fuorisalone hanno stravolto le nostre abitudini.
Vagoni strapieni, trolley che si trascinano in ogni dove, brochure di sedie di ogni sorta abbandonate sulle banchine e poi persone. Tante persone. Troppe.
Stasera sulla prima tratta metropolitana non ci siamo visti.
Ormai rassegnata, mi dirigo sulla linea verde.
E' li.
Non so da dove sbuchi ma non importa, il mio cuore prende la piega di uno smile.
Su questa linea io parlo sempre di più.
Perchè vedete, sulla rossa, io sono seduta e Lui sta in piedi.
Mi parla anche se non lo guardo. Ma se non lo guardo non lo sento, posso giusto intuire le sue parole.
Invece sulla seconda tratta la storia cambia.
Siamo all'impiedi tutti e due, lui rivolto verso i passeggeri seduti e io appoggiata a una porta.
L'unico problema è il tempo.
Questa condizione così favorevole allo scambio dura solo pochi istanti.
Il tempo di un paio di fermate, 3 minuti, al massimo 4.
Ma quanto sono preziosi per noi.
Siamo fortunati e invidiati.
Quante persone si guardano negli occhi per 4 minuti al giorno?
Quante vorrebbero farlo e non sono corrisposte?
Quante poi non ne sentono il bisogno.
Viviamo accanto ai nostri cari per anni, nonostante li amiamo, li desideriamo,  non abbiamo la necessità di immergerci nei loro occhi. E perderci.
Perchè io a guardarlo mi perdo.
Oggi non ho abbassato lo sguardo, mi sentivo sfacciata come mai.
Ho accarezzato ogni sua parte e quando è sceso, mi sentivo addosso la stessa leggerezza che si ha dopo aver fatto all'amore.

Ciao, buona serata, ci vediamo domani?

Si, domani ci perdiamo ancora.
Se ti va.
Ciao

lunedì 16 aprile 2012


Ore 17.

Sono al telefono.
Sono spesso al telefono quando esco dall'ufficio.
Controllo la posta elettronica, chiamo mia figlia, a volte la mia amica Rosanna, poi Fabio.
Fabio è un mio amico fraterno di Roma.
Ci siamo conosciuti tramite la passione per la fotografia.
Come già detto nei giorni scorsi, oltre che di foto, parliamo di quello che è successo nella giornata, della sua famiglia, della mia, politica, libri eccetera.
Spesso ridiamo, le occasioni sono tante.
Spesso ci intristiamo, e anche qui sfortunatamente le motivazioni non mancano.
Oggi ridiamo.
E mentre rido Lui entra.
Per la prima volta nella nostra storia surreale e irreale, sento un battito del cuore che mi sale fin su per la gola.
Respiro.
Lo aspettavo e avevo voglia di vederlo, il fine settimana uggioso e triste ha aumentato questo desiderio.
Si perchè questa storia è una storia feriale.
Ma al contrario.
Il lunedì c'è l'attesa, la voglia di rivederlo. Il venerdì vorrei che non arrivasse mai.
Pazza.
Mi affretto a chiudere la telefonata con Fabio, so bene che Lui ascolta.
Sarò stupida, ma non voglio che si faccia strane idee su chi c'è dall'altra parte.
Sono stupida.
Stasera ci sono un paio di novità.
La prima è che legge un libro nuovo e, mentre cerco di identificarlo, noto subito la seconda.
Un cerotto all'indice destro.
E' incredibile come un cerotto possa essere sensuale.
Come nel film Lezioni di Piano, il selvaggio George accarezza la pelle scoperta di Ada, sfioro con gli occhi la sua ferita.
Un taglio sicuramente.
Dovuta a un coltello usato maldestramente?
Se fosse così deduco sia mancino.

Strano come mi soffermi su queste piccole questioni invece di affrontare temi ben più importanti e decisivi.
Ma abbiamo tempo.

E' arrivato il momento di salutarci.
Uno sguardo.
A domani.

Una promessa.



Lezioni di Piano, la scena della calza smagliata http://www.youtube.com/watch?v=CdQ8Pdczf0g


giovedì 12 aprile 2012

Ore 17.

I, I will be king
And you, you will be queen
Though nothing will drive them away
We can beat them, just for one day
We can be Heroes, just for one day

And you, you can be mean
And I, I'll drink all the time
'Cause we're lovers, and that is a fact
Yes we're lovers, and that is that

Though nothing, will keep us together
We could steal time,
just for one day

We can be Heroes, for ever and ever
What d'you say?


Oggi ascolto musica. E che musica!
Una delle canzoni più belle che siano mai state scritte.

I, I wish you could swim
Like the dolphins, like dolphins can swim
Though nothing,
nothing will keep us together
We can beat them, for ever and ever
Oh we can be Heroes,
just for one day

Si ferma la metro, non guardo se sale. Lo so che ci sarà.
Puntuale come quasi ogni giorno, scivola alla mia destra.
Riconosco il passo, non ho bisogno di altro.

I, I will be king
And you, you will be queen
Though nothing will drive them away
We can be Heroes, just for one day
We can be us, just for one day

I, I can remember (I remember)
Standing, by the wall (by the wall)
And the guns shot above our heads
(over our heads)

Stasera non ho voglia di parlare, ho solo il desiderio di ascoltare.
Non ho detto una parola, la canzone mi trascina in un turbinio di sensazioni.
Chiudo gli occhi.
Mi perdo.
Possiamo essere Eroi solo per un giorno.

 And we kissed,
as though nothing could fall
(nothing could fall)
And the shame was on the other side
Oh we can beat them, for ever and ever
Then we could be Heroes,
just for one day

We can be Heroes
We can be Heroes
We can be Heroes
Just for one day
We can be Heroes

E' la nostra canzone.
E' quella giusta, è il pezzo di un puzzle, s' incastra in questa storia a meraviglia.
La nostra colonna sonora.
Pare accorgersene, come nella scena finale del "Il tempo delle mele" vorrei passargli un auricolare.
Quando qualcosa è così tanto straordinaria, ho bisogno di condividerla, non riesco a sopportare da sola il peso di così tanta bellezza.
Ma non lo faccio.
Codarda.

We're nothing, and nothing will help us
Maybe we're lying,
then you better not stay
But we could be safer,
just for one day

just for one day

La canzone finisce.
Mi dedico a lui.
Oggi porta un maglioncino azzurro. Perfettamente in tono con i suoi occhi.
Mi guarda. E non distoglie lo sguardo.
Sono quasi tentata di accennare un sorriso, invece abbasso la testa, cercando fantasmi nella mia borsa.
Siamo arrivati alla sua fermata.
Ciao, buona serata...ah bella canzone.
Si vero,  io vorrei saper nuotare...come nuotano i delfini...Ok Buona serata anche a te.

A domani. Sempre qui.


Heroes di David Bowie    


mercoledì 11 aprile 2012


Ore 17.
E' da giorni che rimando ma la giornata uggiosa di oggi sembra quasi richiedere il mio coinvolgimento in uno dei capolavori (a detta di tanti) della letteratura americana, Pastorale Americana di Philip Roth.
Accendo il mio reader, aumento il corpo del carattere (ah l'età), leggo un paio di citazioni, di quelle che a inizio libro mi piacciono sempre tantissimo,  poi le prime due pagine. Mi blocco.
Eccolo.
Gli sto facendo una piccola radiografia, giusto per capire se è tutto a posto e nel mentre mi squilla il cellulare.
E' Superman.
Cioè la suoneria è quella di Superman, al telefono è un mio carissimo amico.
Iniziamo a parlare del più e del meno e poi come sempre finiamo sulla nostra passione comune: la fotografia (a proposito, tutte le fotografie che vedete in questo blog sono state scattate da me).
Discutiamo di alcuni scatti, di inquadrature, post produzione e altre cose.
Mi guarda, incuriosito.
Io sorrido, ma per poco.
Perchè la bilancia delle emozioni, porca vacca, non mi abbandona mai!
A spezzare il mio sorriso sono quelle nove parole sul dorse del libro che ha tra le mani.

NORWEGIAN

Mentre il mio amico parla, mi perdo subito nei miei pensieri, e mi accorgo di rispondere a monosillabi.
Intravedo la copertina, la fotografo mentalmente. Chiudo la telefonata.
Non è una guida, ne sono sicura.
Con una serie di sguardi, fortunatamente il suo volto è impallato da una serie di viaggiatori, finalmente scopro di cosa si tratta.
Teach Yourself Norwegian Course.
(Scoprirò poi in internet che è un corso intensivo, vari cd+vari books, prezzo circa 500 euro! Scritto in inglese).
La domanda che mi ripropongo per tutto il viaggio è: a che serve il norvegese?
Probabili risposte:
a) mi piace la Norvegia e tutto ciò che è norvegese
b) lavoro per una società norvegese e mi hanno costretto a fare questo pseudo-corso
c) ho conosciuto una norvegese e vorrei capirla meglio
Credo soprattutto nell'ultima.
Per imparare una lingua così, servono grandi motivazioni.
Arriviamo alla sua fermata.
Mi guarda, uno..due... tre...secondi...Hei, hyvää iltaa
Lo guardo, come per dire: ma che cacchio dici? Ciao Ciao!

Arrivata a casa mi viene un sospetto, digito le sue parole nello spazio di google traduttore, imposto dal finlandese all'italiano ed ecco svelato il significato: Ciao, buona serata.

Sorrido di nuovo.

Stasera vi lascio con questo versione dei Kolacny Bros di With or Without You (U2)
http://www.youtube.com/watch?v=dcjec7WZ41s

A domani, stessa ora.

martedì 10 aprile 2012

Ore 17
Giovedì e venerdì scorso non ci siamo incontrati.
Non ricordo se perchè non ero in orario io oppure lui.
In queste brevi vacanze pasquali, mi sono ritrovata a pensare dove le avrebbe passate.
A casa oppure fuori?
E con chi poi?
Domande che non avranno risposte. Almeno per ora.
Tornando a stasera ore 17, non l'ho visto salire.
Mi sarebbe piaciuto spiare una im/probabile abbronzatura e capire se fosse di montagna o di mare.
Perchè l'abbronzatura di montagna è pacchiana, diciamolo pure.
Spesso tatua sulla pelle del viso occhiali dalla spessa montatura. E il color rosa vivace delle guance ha pennellate verticali.
L'abbronzatura marina invece è fuoco sulla pella chiara, miele su quella scura. Non tradisce.
Da amante del mare e dei suoi elementi, preferisco quest'ultima.
Ma niente montagna, niente mare. E niente Lui.
Rassegnata scendo dal vagone per cambiare direzione e me lo ritrovo al mio fianco appena un pò piu' iin là.
Lo guardo due secondi e la mia espressione rispecchiava il mio pensiero: ma cavolo, abbiamo perso preziosi minuti di conversazione e adesso ce ne rimangono solo una manciata, lo sai vero?
Distolgo lo sguardo imbarazzata, sicuramente arrossendo.Se n' è accorto lo so e per tutto il resto del nostro viaggio insieme non oso più guardarlo.
Non l'ho nemmeno salutato.
Chissà se lui invece ha salutato me.
Magari si è anche scusato per non essere salito sul mio vagone: sai ho preso la metro all'ultimo istante...scusa, ciao.
Ho quasi 43 anni e a volte mi comporto come una ragazzina permalosa (e sognatrice).

Stasera vi lascio con un passaggio del romanzo "Ogni cosa è illuminata"di di Jonathan Safran Foer (leggetelo)

"..Questo è il mio cuore. Lo stai toccando con la mano sinistra non perche' sei mancino, ma perche sono io che la tengo contro il mio cuore. Quello che senti e' il battito del mio cuore. E' quello che mi tiene viva."

A domani ore 17. Io ci sarò

mercoledì 4 aprile 2012

Ore 17.
Per scaramanzia non alzo lo sguardo dal mio libro per vedere se sale. Ieri non ci siamo raccontati nulla e ci sono rimasta male.
Aspetto un paio di fermate e finalmente mi decido a fare la conta dei passeggeri.
Inizio da destra, conto un paio di vecchine, un ragazzo con delle cuffie enormi gialle e impiegati.
Scrollo la mia testa orizzontalmente come la rotella del mio mouse e alla fine Lui.
Sorrido, lo sapevo!
Stasera finalmente gli vedo addosso colori, sono due mesi che veste monocromatico.
Blu, nero e poi blu e poi ancora nero.
Sempre abbottonato nei sui giubbetti, senza darmi mai la possibilità di intravedere le righe di una camicia, la trama di un maglione.
Arancione e Verde.
Si certo, in toni acidi, ma sempre colore.
Porta una simil Lacoste arancio con un maglione di cotone a costa inglese verde con gli immancabili jeans navy.
Sono colori autunnali, come la sua espressione.
Mi pare stanco, stasera non apre il suo libro e sbadiglia in continuazione.
Proprio durante uno sbadiglio, dal polso  della mano che porta alla bocca, noto uno scintillio dorato.
Un braccialetto di una trama comune e datata. Di quelli che ti regalano nelle occasioni importanti.
Ci siamo parlati poco oggi. Sguardi rari e di sfuggita.
Come è andata la giornata? Di merda grazie.
E la tua? Idem
Cos'hai mangiato? Un panino
Tu? Agnolotti e cotoletta.
Ok la prossima è la mia, ciao e buona serata.
Anche a te.

Lo vedo raggiungere le scale mobili verso l'uscita. E io continuo nel mio tunnel metropolitano.

E questo che sento. Sono entrata in un tunnel e mi pare di non uscire mai.
Mi ci vorrebbero due parole due per dare una svolta a questa storia ma questi nostri improbabili dialoghi  sono affascinanti e sicuri.
Non voglio rendere reale una fantasia.O almeno non voglio essere io a farlo.
Sono una donna, insomma è l'uomo che deve credere di fare il primo passo.
Anche perchè finalmente capirei l'interesse.
Però penso anche che se voglio una cosa che è lì a due metri posso prenderla e magari lo pensa pure lui.
Ma a due metri ci sono io.

Meglio fantasticare.

Chiudo con una frase di Neruda:

"vorrei fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi".

A domani ore 17. Siate puntuali

lunedì 2 aprile 2012

Prefazione

Milano, un giorno qualsiasi. Ore 17:00.
Fermata della metropolitana di LZ., Linea 1.
Lo vedo salire. Lo osservo. Scendiamo entrambi a LX, ci dirigiamo verso la linea Verde in direzione A/B. Saliamo ancora sulla stessa... carrozza. Arriviamo a LY verso le 17.40 circa: lui scende, io proseguo.
Questa è una storia d'amore metropolitana in metropolitana, iniziata un paio di mesi fa.

Una sera, di ritorno verso casa dopo il lavoro, alla fermata della linea rossa, alle 17, sale un uomo. Lo noto. Mi piace.
Sulla quarantina, alto poco più di un metro e settanta, capelli corti, brizzolato, occhi azzurri, barba incolta, fisico asciutto, bellissime mani. Le osservo, non porta la fede. Non vuol dire molto. In fondo tanti non la indossano, ma non per questo non sono sposati.

Lo guardo con insistenza. M'incuriosisce. Capisco che ha capito e la cosa l’ha un po’ imbarazzato. Fingo di tornare al mio libro, ma non riesco a leggere. Le pagine sono un’accozzaglia di caratteri sfocati e incomprensibili, la mia mente vaga qualche metro più in là. A LX cambio per tornare a A e me lo ritrovo sullo stesso vagone.

Faccio una scommessa: “Se scende dopo CG è amore!”
Naturalmente scende a LY.

Il giorno dopo, stessa storia.
Alzo gli occhi dal mio libro ed è sempre là. Di fronte a me, in piedi.
Un segno del destino?
Mi guarda come per dire “Oh cacchio, ancora questa che mi osserva”.
Stavolta non lo fisso, ma sbircio ogni tanto e inizio a domandarmi a quale fermata sia salito.
Quando cambio, lo ritrovo ancora sul mio stesso vagone. Decido di sedermi più lontana e quando scende mi guarda!
Eh si, è proprio destino.

Il giorno successivo, ancora lui.
Stavolta prendo nota mentalmente della fermata: LZ, sale a LZ!
Poi tutto si svolge secondo copione. Loreto, stesso vagone, discesa a LY.

Sguardo furtivo. Ciao, a domani


E' così da tante sere. Non tutte tutte. Ho anch’io le mie cose da fare e i nostri orari non sempre coincidono. Ma in questi mesi ho dedotto (o fantasticato?) tante cose.

Sono diventata una sorta di Sherlock Holmes metropolitana.

Lui veste sempre con giubbetti e jeans neri o blu. Niente abiti griffati. Indossa sneakers e ha sempre con sé una borsa per il notebook, perciò lavora in un ambiente informale.
Legge sempre lo stesso libro, forse una guida o un manuale.
So solo che ha una copertina trasparente, ma non sono riuscita a decifrare che roba sia. Legge qualche pagina poi lo chiude.

Sbadiglia. E alla fermata LY, quando scende lo seguo con lo sguardo attraverso il finestrino e vedo che corre. Ha fretta. Un treno da prendere? Per dove? Chissà.

Se esce sempre alle 17 significa che arriva presto al lavoro. E gli sbadigli tradiscono la stanchezza, forse perché deve alzarsi prestissimo per raggiungere l’ufficio!

In tutto questo tempo l'ho visto controllare il telefonino solo 3/4 volte.
Non telefona, non gioca, non manda sms. Non sembra un tipo "social".
E non ascolta musica.

Tornando a noi, ci raccontiamo tramite gli sguardi.
Io sono logorroica, ma anche lui qualche parola la dice.

Oggi, 2 aprile 2012, non ci siamo incontrati. Sono uscita dall'ufficio troppo tardi.