Milano, un giorno qualsiasi. Ore 17:00.
Fermata della metropolitana di LZ., Linea 1.
Lo vedo salire. Lo osservo. Scendiamo entrambi a LX, ci dirigiamo verso la linea Verde in direzione A/B. Saliamo ancora sulla stessa... carrozza. Arriviamo a LY verso le 17.40 circa: lui scende, io proseguo.
Lo vedo salire. Lo osservo. Scendiamo entrambi a LX, ci dirigiamo verso la linea Verde in direzione A/B. Saliamo ancora sulla stessa... carrozza. Arriviamo a LY verso le 17.40 circa: lui scende, io proseguo.
Questa è una storia d'amore metropolitana in metropolitana, iniziata un paio di mesi fa.
Una sera, di ritorno verso casa dopo il lavoro, alla fermata della linea rossa, alle 17, sale un uomo. Lo noto. Mi piace.
Sulla quarantina, alto poco più di un metro e settanta, capelli corti, brizzolato, occhi azzurri, barba incolta, fisico asciutto, bellissime mani. Le osservo, non porta la fede. Non vuol dire molto. In fondo tanti non la indossano, ma non per questo non sono sposati.
Lo guardo con insistenza. M'incuriosisce. Capisco che ha capito e la cosa l’ha un po’ imbarazzato. Fingo di tornare al mio libro, ma non riesco a leggere. Le pagine sono un’accozzaglia di caratteri sfocati e incomprensibili, la mia mente vaga qualche metro più in là. A LX cambio per tornare a A e me lo ritrovo sullo stesso vagone.
Faccio una scommessa: “Se scende dopo CG è amore!”
Naturalmente scende a LY.
Il giorno dopo, stessa storia.
Alzo gli occhi dal mio libro ed è sempre là. Di fronte a me, in piedi.
Un segno del destino?
Mi guarda come per dire “Oh cacchio, ancora questa che mi osserva”.
Stavolta non lo fisso, ma sbircio ogni tanto e inizio a domandarmi a quale fermata sia salito.
Quando cambio, lo ritrovo ancora sul mio stesso vagone. Decido di sedermi più lontana e quando scende mi guarda!
Eh si, è proprio destino.
Il giorno successivo, ancora lui.
Stavolta prendo nota mentalmente della fermata: LZ, sale a LZ!
Poi tutto si svolge secondo copione. Loreto, stesso vagone, discesa a LY.
Sguardo furtivo. Ciao, a domani
E' così da tante sere. Non tutte tutte. Ho anch’io le mie cose da fare e i nostri orari non sempre coincidono. Ma in questi mesi ho dedotto (o fantasticato?) tante cose.
Sono diventata una sorta di Sherlock Holmes metropolitana.
Lui veste sempre con giubbetti e jeans neri o blu. Niente abiti griffati. Indossa sneakers e ha sempre con sé una borsa per il notebook, perciò lavora in un ambiente informale.
Legge sempre lo stesso libro, forse una guida o un manuale.
So solo che ha una copertina trasparente, ma non sono riuscita a decifrare che roba sia. Legge qualche pagina poi lo chiude.
Sbadiglia. E alla fermata LY, quando scende lo seguo con lo sguardo attraverso il finestrino e vedo che corre. Ha fretta. Un treno da prendere? Per dove? Chissà.
Se esce sempre alle 17 significa che arriva presto al lavoro. E gli sbadigli tradiscono la stanchezza, forse perché deve alzarsi prestissimo per raggiungere l’ufficio!
In tutto questo tempo l'ho visto controllare il telefonino solo 3/4 volte.
Non telefona, non gioca, non manda sms. Non sembra un tipo "social".
E non ascolta musica.
Tornando a noi, ci raccontiamo tramite gli sguardi.
Io sono logorroica, ma anche lui qualche parola la dice.
Oggi, 2 aprile 2012, non ci siamo incontrati. Sono uscita dall'ufficio troppo tardi.