giovedì 26 aprile 2012

Ore 17.

Non mi basta.
Gli sguardi che diventano parole non mi bastano.
Non oggi.
Oggi dovrei essere in altro posto.
Oggi ho bisogno di qualcosa di più, ho bisogno di credere che tutto questo non sia una  mia fantasia.
Ma nessun segno.
Entra, apre il libro, qualche pagina, lo richiude ed è tutto come sempre.
Non un sorriso, un cenno, e io che vorrei qualcosa che mi faccia capire.
E invece continuo a non capire nulla.
La malinconia mi attanaglia, ho bisogno di stare con le persone che mi amano a prescindere.
E' sono così lontane.
Tutto mi sembra così lontano,  Lui soprattutto.
Non mi sento di guardarlo e lo ignoro per tutto il tempo.
Non è per niente una buona giornata.
Alzo gli occhi a malapena per un saluto.

Ciao, buona serata, stai su
Si, Ciao




La foto di oggi è della mia amica Cetty, potete ammirare qui le sue splendide fotografie: http://www.flickr.com/photos/ol3loceanoilnulla/


lunedì 23 aprile 2012

Ore 17.
E' lunedi e questo vagone umido e vuoto finalmente si riempie di Lui.
Ha il viso stanco, non legge, sbadiglia, oggi più che mai.
Non ha espressione.
Lo trovo dimagrito, ha il viso scavato, la barba piu' lunga, addirittura i capelli mi sembrano più grigi.
Ma parla.
Mi parla.
Un fiume di sguardi.
Quasi non riesco a stargli dietro.
Avrei solo una domanda.
Scusa ma come ti chiami?
Una sola risposta.
Un solo nome.
Allora penso che dovrei dargliene uno.
Non è facile, mentre mi parla lo guardo pensando.
Tu potresti chiamarti ......?
Ma non mi viene in mente niente.
Allora penso a un nome che vorrei.
Penso a tutti questi nomi maschili che stanno bene con Anna, non so Anna & Marco ad esempio.
Scontato.
Cerco in internet i nomi compatibili con il mio.
Vergogna.

Poi affiora un nome.
Che sa di buono, di dolcezza, di determinazione.

Sta scendendo è arrivato inesorabile il momento del saluto.

Ciao, scusa se stasera ti ho guardata più del solito.
Ciao, scusa se ti chiamo Pietro.

giovedì 19 aprile 2012

Ore 17.
Ieri non c'era.
Il salone del mobile e il fuorisalone hanno stravolto le nostre abitudini.
Vagoni strapieni, trolley che si trascinano in ogni dove, brochure di sedie di ogni sorta abbandonate sulle banchine e poi persone. Tante persone. Troppe.
Stasera sulla prima tratta metropolitana non ci siamo visti.
Ormai rassegnata, mi dirigo sulla linea verde.
E' li.
Non so da dove sbuchi ma non importa, il mio cuore prende la piega di uno smile.
Su questa linea io parlo sempre di più.
Perchè vedete, sulla rossa, io sono seduta e Lui sta in piedi.
Mi parla anche se non lo guardo. Ma se non lo guardo non lo sento, posso giusto intuire le sue parole.
Invece sulla seconda tratta la storia cambia.
Siamo all'impiedi tutti e due, lui rivolto verso i passeggeri seduti e io appoggiata a una porta.
L'unico problema è il tempo.
Questa condizione così favorevole allo scambio dura solo pochi istanti.
Il tempo di un paio di fermate, 3 minuti, al massimo 4.
Ma quanto sono preziosi per noi.
Siamo fortunati e invidiati.
Quante persone si guardano negli occhi per 4 minuti al giorno?
Quante vorrebbero farlo e non sono corrisposte?
Quante poi non ne sentono il bisogno.
Viviamo accanto ai nostri cari per anni, nonostante li amiamo, li desideriamo,  non abbiamo la necessità di immergerci nei loro occhi. E perderci.
Perchè io a guardarlo mi perdo.
Oggi non ho abbassato lo sguardo, mi sentivo sfacciata come mai.
Ho accarezzato ogni sua parte e quando è sceso, mi sentivo addosso la stessa leggerezza che si ha dopo aver fatto all'amore.

Ciao, buona serata, ci vediamo domani?

Si, domani ci perdiamo ancora.
Se ti va.
Ciao

lunedì 16 aprile 2012


Ore 17.

Sono al telefono.
Sono spesso al telefono quando esco dall'ufficio.
Controllo la posta elettronica, chiamo mia figlia, a volte la mia amica Rosanna, poi Fabio.
Fabio è un mio amico fraterno di Roma.
Ci siamo conosciuti tramite la passione per la fotografia.
Come già detto nei giorni scorsi, oltre che di foto, parliamo di quello che è successo nella giornata, della sua famiglia, della mia, politica, libri eccetera.
Spesso ridiamo, le occasioni sono tante.
Spesso ci intristiamo, e anche qui sfortunatamente le motivazioni non mancano.
Oggi ridiamo.
E mentre rido Lui entra.
Per la prima volta nella nostra storia surreale e irreale, sento un battito del cuore che mi sale fin su per la gola.
Respiro.
Lo aspettavo e avevo voglia di vederlo, il fine settimana uggioso e triste ha aumentato questo desiderio.
Si perchè questa storia è una storia feriale.
Ma al contrario.
Il lunedì c'è l'attesa, la voglia di rivederlo. Il venerdì vorrei che non arrivasse mai.
Pazza.
Mi affretto a chiudere la telefonata con Fabio, so bene che Lui ascolta.
Sarò stupida, ma non voglio che si faccia strane idee su chi c'è dall'altra parte.
Sono stupida.
Stasera ci sono un paio di novità.
La prima è che legge un libro nuovo e, mentre cerco di identificarlo, noto subito la seconda.
Un cerotto all'indice destro.
E' incredibile come un cerotto possa essere sensuale.
Come nel film Lezioni di Piano, il selvaggio George accarezza la pelle scoperta di Ada, sfioro con gli occhi la sua ferita.
Un taglio sicuramente.
Dovuta a un coltello usato maldestramente?
Se fosse così deduco sia mancino.

Strano come mi soffermi su queste piccole questioni invece di affrontare temi ben più importanti e decisivi.
Ma abbiamo tempo.

E' arrivato il momento di salutarci.
Uno sguardo.
A domani.

Una promessa.



Lezioni di Piano, la scena della calza smagliata http://www.youtube.com/watch?v=CdQ8Pdczf0g


giovedì 12 aprile 2012

Ore 17.

I, I will be king
And you, you will be queen
Though nothing will drive them away
We can beat them, just for one day
We can be Heroes, just for one day

And you, you can be mean
And I, I'll drink all the time
'Cause we're lovers, and that is a fact
Yes we're lovers, and that is that

Though nothing, will keep us together
We could steal time,
just for one day

We can be Heroes, for ever and ever
What d'you say?


Oggi ascolto musica. E che musica!
Una delle canzoni più belle che siano mai state scritte.

I, I wish you could swim
Like the dolphins, like dolphins can swim
Though nothing,
nothing will keep us together
We can beat them, for ever and ever
Oh we can be Heroes,
just for one day

Si ferma la metro, non guardo se sale. Lo so che ci sarà.
Puntuale come quasi ogni giorno, scivola alla mia destra.
Riconosco il passo, non ho bisogno di altro.

I, I will be king
And you, you will be queen
Though nothing will drive them away
We can be Heroes, just for one day
We can be us, just for one day

I, I can remember (I remember)
Standing, by the wall (by the wall)
And the guns shot above our heads
(over our heads)

Stasera non ho voglia di parlare, ho solo il desiderio di ascoltare.
Non ho detto una parola, la canzone mi trascina in un turbinio di sensazioni.
Chiudo gli occhi.
Mi perdo.
Possiamo essere Eroi solo per un giorno.

 And we kissed,
as though nothing could fall
(nothing could fall)
And the shame was on the other side
Oh we can beat them, for ever and ever
Then we could be Heroes,
just for one day

We can be Heroes
We can be Heroes
We can be Heroes
Just for one day
We can be Heroes

E' la nostra canzone.
E' quella giusta, è il pezzo di un puzzle, s' incastra in questa storia a meraviglia.
La nostra colonna sonora.
Pare accorgersene, come nella scena finale del "Il tempo delle mele" vorrei passargli un auricolare.
Quando qualcosa è così tanto straordinaria, ho bisogno di condividerla, non riesco a sopportare da sola il peso di così tanta bellezza.
Ma non lo faccio.
Codarda.

We're nothing, and nothing will help us
Maybe we're lying,
then you better not stay
But we could be safer,
just for one day

just for one day

La canzone finisce.
Mi dedico a lui.
Oggi porta un maglioncino azzurro. Perfettamente in tono con i suoi occhi.
Mi guarda. E non distoglie lo sguardo.
Sono quasi tentata di accennare un sorriso, invece abbasso la testa, cercando fantasmi nella mia borsa.
Siamo arrivati alla sua fermata.
Ciao, buona serata...ah bella canzone.
Si vero,  io vorrei saper nuotare...come nuotano i delfini...Ok Buona serata anche a te.

A domani. Sempre qui.


Heroes di David Bowie    


mercoledì 11 aprile 2012


Ore 17.
E' da giorni che rimando ma la giornata uggiosa di oggi sembra quasi richiedere il mio coinvolgimento in uno dei capolavori (a detta di tanti) della letteratura americana, Pastorale Americana di Philip Roth.
Accendo il mio reader, aumento il corpo del carattere (ah l'età), leggo un paio di citazioni, di quelle che a inizio libro mi piacciono sempre tantissimo,  poi le prime due pagine. Mi blocco.
Eccolo.
Gli sto facendo una piccola radiografia, giusto per capire se è tutto a posto e nel mentre mi squilla il cellulare.
E' Superman.
Cioè la suoneria è quella di Superman, al telefono è un mio carissimo amico.
Iniziamo a parlare del più e del meno e poi come sempre finiamo sulla nostra passione comune: la fotografia (a proposito, tutte le fotografie che vedete in questo blog sono state scattate da me).
Discutiamo di alcuni scatti, di inquadrature, post produzione e altre cose.
Mi guarda, incuriosito.
Io sorrido, ma per poco.
Perchè la bilancia delle emozioni, porca vacca, non mi abbandona mai!
A spezzare il mio sorriso sono quelle nove parole sul dorse del libro che ha tra le mani.

NORWEGIAN

Mentre il mio amico parla, mi perdo subito nei miei pensieri, e mi accorgo di rispondere a monosillabi.
Intravedo la copertina, la fotografo mentalmente. Chiudo la telefonata.
Non è una guida, ne sono sicura.
Con una serie di sguardi, fortunatamente il suo volto è impallato da una serie di viaggiatori, finalmente scopro di cosa si tratta.
Teach Yourself Norwegian Course.
(Scoprirò poi in internet che è un corso intensivo, vari cd+vari books, prezzo circa 500 euro! Scritto in inglese).
La domanda che mi ripropongo per tutto il viaggio è: a che serve il norvegese?
Probabili risposte:
a) mi piace la Norvegia e tutto ciò che è norvegese
b) lavoro per una società norvegese e mi hanno costretto a fare questo pseudo-corso
c) ho conosciuto una norvegese e vorrei capirla meglio
Credo soprattutto nell'ultima.
Per imparare una lingua così, servono grandi motivazioni.
Arriviamo alla sua fermata.
Mi guarda, uno..due... tre...secondi...Hei, hyvää iltaa
Lo guardo, come per dire: ma che cacchio dici? Ciao Ciao!

Arrivata a casa mi viene un sospetto, digito le sue parole nello spazio di google traduttore, imposto dal finlandese all'italiano ed ecco svelato il significato: Ciao, buona serata.

Sorrido di nuovo.

Stasera vi lascio con questo versione dei Kolacny Bros di With or Without You (U2)
http://www.youtube.com/watch?v=dcjec7WZ41s

A domani, stessa ora.

martedì 10 aprile 2012

Ore 17
Giovedì e venerdì scorso non ci siamo incontrati.
Non ricordo se perchè non ero in orario io oppure lui.
In queste brevi vacanze pasquali, mi sono ritrovata a pensare dove le avrebbe passate.
A casa oppure fuori?
E con chi poi?
Domande che non avranno risposte. Almeno per ora.
Tornando a stasera ore 17, non l'ho visto salire.
Mi sarebbe piaciuto spiare una im/probabile abbronzatura e capire se fosse di montagna o di mare.
Perchè l'abbronzatura di montagna è pacchiana, diciamolo pure.
Spesso tatua sulla pelle del viso occhiali dalla spessa montatura. E il color rosa vivace delle guance ha pennellate verticali.
L'abbronzatura marina invece è fuoco sulla pella chiara, miele su quella scura. Non tradisce.
Da amante del mare e dei suoi elementi, preferisco quest'ultima.
Ma niente montagna, niente mare. E niente Lui.
Rassegnata scendo dal vagone per cambiare direzione e me lo ritrovo al mio fianco appena un pò piu' iin là.
Lo guardo due secondi e la mia espressione rispecchiava il mio pensiero: ma cavolo, abbiamo perso preziosi minuti di conversazione e adesso ce ne rimangono solo una manciata, lo sai vero?
Distolgo lo sguardo imbarazzata, sicuramente arrossendo.Se n' è accorto lo so e per tutto il resto del nostro viaggio insieme non oso più guardarlo.
Non l'ho nemmeno salutato.
Chissà se lui invece ha salutato me.
Magari si è anche scusato per non essere salito sul mio vagone: sai ho preso la metro all'ultimo istante...scusa, ciao.
Ho quasi 43 anni e a volte mi comporto come una ragazzina permalosa (e sognatrice).

Stasera vi lascio con un passaggio del romanzo "Ogni cosa è illuminata"di di Jonathan Safran Foer (leggetelo)

"..Questo è il mio cuore. Lo stai toccando con la mano sinistra non perche' sei mancino, ma perche sono io che la tengo contro il mio cuore. Quello che senti e' il battito del mio cuore. E' quello che mi tiene viva."

A domani ore 17. Io ci sarò

mercoledì 4 aprile 2012

Ore 17.
Per scaramanzia non alzo lo sguardo dal mio libro per vedere se sale. Ieri non ci siamo raccontati nulla e ci sono rimasta male.
Aspetto un paio di fermate e finalmente mi decido a fare la conta dei passeggeri.
Inizio da destra, conto un paio di vecchine, un ragazzo con delle cuffie enormi gialle e impiegati.
Scrollo la mia testa orizzontalmente come la rotella del mio mouse e alla fine Lui.
Sorrido, lo sapevo!
Stasera finalmente gli vedo addosso colori, sono due mesi che veste monocromatico.
Blu, nero e poi blu e poi ancora nero.
Sempre abbottonato nei sui giubbetti, senza darmi mai la possibilità di intravedere le righe di una camicia, la trama di un maglione.
Arancione e Verde.
Si certo, in toni acidi, ma sempre colore.
Porta una simil Lacoste arancio con un maglione di cotone a costa inglese verde con gli immancabili jeans navy.
Sono colori autunnali, come la sua espressione.
Mi pare stanco, stasera non apre il suo libro e sbadiglia in continuazione.
Proprio durante uno sbadiglio, dal polso  della mano che porta alla bocca, noto uno scintillio dorato.
Un braccialetto di una trama comune e datata. Di quelli che ti regalano nelle occasioni importanti.
Ci siamo parlati poco oggi. Sguardi rari e di sfuggita.
Come è andata la giornata? Di merda grazie.
E la tua? Idem
Cos'hai mangiato? Un panino
Tu? Agnolotti e cotoletta.
Ok la prossima è la mia, ciao e buona serata.
Anche a te.

Lo vedo raggiungere le scale mobili verso l'uscita. E io continuo nel mio tunnel metropolitano.

E questo che sento. Sono entrata in un tunnel e mi pare di non uscire mai.
Mi ci vorrebbero due parole due per dare una svolta a questa storia ma questi nostri improbabili dialoghi  sono affascinanti e sicuri.
Non voglio rendere reale una fantasia.O almeno non voglio essere io a farlo.
Sono una donna, insomma è l'uomo che deve credere di fare il primo passo.
Anche perchè finalmente capirei l'interesse.
Però penso anche che se voglio una cosa che è lì a due metri posso prenderla e magari lo pensa pure lui.
Ma a due metri ci sono io.

Meglio fantasticare.

Chiudo con una frase di Neruda:

"vorrei fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi".

A domani ore 17. Siate puntuali

lunedì 2 aprile 2012

Prefazione

Milano, un giorno qualsiasi. Ore 17:00.
Fermata della metropolitana di LZ., Linea 1.
Lo vedo salire. Lo osservo. Scendiamo entrambi a LX, ci dirigiamo verso la linea Verde in direzione A/B. Saliamo ancora sulla stessa... carrozza. Arriviamo a LY verso le 17.40 circa: lui scende, io proseguo.
Questa è una storia d'amore metropolitana in metropolitana, iniziata un paio di mesi fa.

Una sera, di ritorno verso casa dopo il lavoro, alla fermata della linea rossa, alle 17, sale un uomo. Lo noto. Mi piace.
Sulla quarantina, alto poco più di un metro e settanta, capelli corti, brizzolato, occhi azzurri, barba incolta, fisico asciutto, bellissime mani. Le osservo, non porta la fede. Non vuol dire molto. In fondo tanti non la indossano, ma non per questo non sono sposati.

Lo guardo con insistenza. M'incuriosisce. Capisco che ha capito e la cosa l’ha un po’ imbarazzato. Fingo di tornare al mio libro, ma non riesco a leggere. Le pagine sono un’accozzaglia di caratteri sfocati e incomprensibili, la mia mente vaga qualche metro più in là. A LX cambio per tornare a A e me lo ritrovo sullo stesso vagone.

Faccio una scommessa: “Se scende dopo CG è amore!”
Naturalmente scende a LY.

Il giorno dopo, stessa storia.
Alzo gli occhi dal mio libro ed è sempre là. Di fronte a me, in piedi.
Un segno del destino?
Mi guarda come per dire “Oh cacchio, ancora questa che mi osserva”.
Stavolta non lo fisso, ma sbircio ogni tanto e inizio a domandarmi a quale fermata sia salito.
Quando cambio, lo ritrovo ancora sul mio stesso vagone. Decido di sedermi più lontana e quando scende mi guarda!
Eh si, è proprio destino.

Il giorno successivo, ancora lui.
Stavolta prendo nota mentalmente della fermata: LZ, sale a LZ!
Poi tutto si svolge secondo copione. Loreto, stesso vagone, discesa a LY.

Sguardo furtivo. Ciao, a domani


E' così da tante sere. Non tutte tutte. Ho anch’io le mie cose da fare e i nostri orari non sempre coincidono. Ma in questi mesi ho dedotto (o fantasticato?) tante cose.

Sono diventata una sorta di Sherlock Holmes metropolitana.

Lui veste sempre con giubbetti e jeans neri o blu. Niente abiti griffati. Indossa sneakers e ha sempre con sé una borsa per il notebook, perciò lavora in un ambiente informale.
Legge sempre lo stesso libro, forse una guida o un manuale.
So solo che ha una copertina trasparente, ma non sono riuscita a decifrare che roba sia. Legge qualche pagina poi lo chiude.

Sbadiglia. E alla fermata LY, quando scende lo seguo con lo sguardo attraverso il finestrino e vedo che corre. Ha fretta. Un treno da prendere? Per dove? Chissà.

Se esce sempre alle 17 significa che arriva presto al lavoro. E gli sbadigli tradiscono la stanchezza, forse perché deve alzarsi prestissimo per raggiungere l’ufficio!

In tutto questo tempo l'ho visto controllare il telefonino solo 3/4 volte.
Non telefona, non gioca, non manda sms. Non sembra un tipo "social".
E non ascolta musica.

Tornando a noi, ci raccontiamo tramite gli sguardi.
Io sono logorroica, ma anche lui qualche parola la dice.

Oggi, 2 aprile 2012, non ci siamo incontrati. Sono uscita dall'ufficio troppo tardi.